giovedì 10 febbraio 2011

Bollicine..sai cosa bevi?




Una selva di sigle e di prezzi che disorientano il consumatore e pongono l'ennesimo interrogativo: è un buon acquisto? Vale a dire il prezzo è giusto o si paga la moda e l'etichetta? Può essere considerato spumante o champagne un vino bianco al quale è stato aggiunto gas (anidride carbonica) e confezionato con tappo a fungo e gabbietta metallica? No di certo, ma in commercio se ne trovano anche a prezzi bassi, il che può ingannare il consumatore convinto di aver fatto un affare.

Come fare per evitare fregature visto che, tra Natale e Capodanno, quest' anno sono state vendute 80 milioni di bottiglie? Come al solito occorre leggere l'etichetta e in questo senso l'associazione dei consumatori Aduc ci dà qualche consiglio utile.

Spumante. Le bollicine dello spumante (come quello dello champagne) non sono altro che anidride carbonica (gas ottenuto dalla trasformazione degli zuccheri contenuti nell'uva). I metodi per ottenere lo spumante sono due: lo charmat e lo champenois o classico, visto che non si può usare la denominazione francese perché tutelata; quest'ultimo metodo viene indicato in etichetta. La differenza sta nel fatto che con il metodo charmat la fermentazione avviene in tini, mentre con il metodo classico avviene anche in bottiglia, per tre anni, quindi costa di più. In aggiunta lo "spumante di qualità" e più alcolico dello spumante semplice.

Gli spumanti possono essere DOC (denominazione di origine controllata) e DOCG (denominazione di origine controllata e garantita), vale a dire che sono stati prodotti in una determinata area geografica e soggetti a specifici disciplinari. La traduzione europea di queste sigle è VSQPRD (vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate). Vi sono, inoltre, altre indicazioni: blanc de blancs (solo da uve bianche), brut ed extra brut (secco e secchissimo), brut millesimato (con indicazione dell'annata), sec, demi-sec, doux (secco, semi secco, dolce), cremant (poco frizzante), cuvee (proveniente da diverse uve e/o di prima spremitura) pas dosé o nature (senza aggiunta di sciroppi), a fermentazione naturale (senza aggiunta di gas).

Alcuni produttori indicano la data della sboccatura, cioè il periodo nel quale e stato eliminato il deposito nelle bottiglie. Come scegliere, visto il numero e la complessità delle sigle? Alcuni elementi di base possono indirizzare il consumatore verso una scelta che prenda in considerazione la qualità piuttosto che la marca. Da scegliere uno spumante:
* DOC o DOCG (VSQPRD);
* millesimato;
*a fermentazione naturale;
*classico (champenois);
*pas dose';
*con la data della sboccatura.

I gusti di ciascuno determineranno poi la scelta relativa alla secchezza e alla quantità di anidride carbonica.

Champagne. Per la scelta degli champagne in genere il consumatore guarda più alla marca che all'etichetta, anche perché nessun commerciante si sente obbligato a fornire informazioni precise, spesso si limita a decantarne le qualità. Per lo champagne valgono in sostanza le stesse indicazioni dello spumante. In più sulle etichette degli champagne dovrebbe essere indicata:
*la sigla Ay che sta ad indicare la zona con i vigneti migliori;
*la sigla R.M (lo champagne è fatto con uve dei produttori);
*la sigla N.M (lo champagne è fatto con uve di diversa provenienza);
*la dizione pas dosé o nature (non è stato aggiunto sciroppo zuccherino);
* l'indicazione dell'annata (champagne millesimato).

lunedì 7 febbraio 2011

Champagne supernova

Champagne... a questa denominazione hanno diritto soltanto i vini prodotti nella zona delimitata ed ottenuti da vitigni "raccomandati" che variano a seconda delle località: per la Marna e l'Aisne sono il Pinot (bianco, grigio e nero), lo "Chardonnay", il "Meunier" e un particolare "Gamay nero a succo bianco".
 Altre zone della Champagne sono l'Alta Marna e l'Aube ma con qualità inferiori alle precedenti e con superficie a vite assai più limitata, che non supera i 3.000 ettari.
Oltre ai vitigni sopra nominati qui troviamo anche il "Frane Noir", il "Savagnin blanc" ed il "Bachet".

Tecnicamente gli Champagnes sono dei vini "mousseux", cioè spumanti, che però hanno diritto alla denominazione specifica per distinguerli dagli spumanti di qualsivoglia altra provenienza. Già dal 1927 la zona di produzione della Champagne è stata delimitata e suddivisa in quattro parti: la Montagne de Reims, la Vallèe de la Marne, la Còte des Blancs e l'Aube.
Le qualità migliori di vino della regione derivano dai vitigni "Pinot noir" e "Pinot Chardonnay", che è invece bianco. Tutti sanno però come gli Champagnes derivino da uve rosse, oppure da mescolanze di queste (vinificate in bianco) con altre bianche in proporzioni variabili, salvo i "Blancs de Blanc" che vuoi dire "Vini bianchi provenienti da uve bianche".
 Può interessare conoscere a che cosa esattamente si riferisce l'espressione « Millèsime » applicata a questi vini, che non riguarda unicamente l'annata di produzione. Vengono millesimate soltanto le annate ottimali come andamento climatico e la cui produzione sia stata invecchiata per un minimo di tre anni.
Le Case produttrici non possono, per legge, millesimare oltre l'8o% del prodotto ottenuto in un'annata eccezionale e dovrà trattarsi allora di una qualità particolare  molto superiore alle normali,ecco il perchè del prezzo generalmente più alto rispetto a un altro champagne della stessa casa e annata.

Il metodo detto  champenoise (o metodo classico) è l'unico ammesso per produrre Champagne: nella primavera successiva alla vendemmia, il vino secco, che ha subito intanto alcuni travasi, viene addizionato di zucchero  assieme a dei fermenti selezionati in piena attività ed imbottigliato in bottiglie resistenti ad una certa pressione. Il tappo viene fissato con una graffa metallica alla bottiglia che, coricata, viene accatastata.
Per effetto dei lieviti aggiunti il vino entra in fermentazione e lo zucchero si trasforma in alcool ed anidride carbonica che si scioglie gradatamente nel liquido fino a conferire una pressione di 5-6 atmosfere e formare un abbondante sedimento.. cosi ultimata la  presa di spuma  e le bottiglie vengono messe sulle pupitres  in appositi fori per uno o due anni durante i quali, a seguito del remuage vengono capovolte e depositano gradatamente il  fondo  nel collo contro il tappo. Avviene allora il  degorgement (sboccatura),  per eliminare la sedimentazione e si ricolma la bottiglia con il cosiddetto  liqueur d'expedition  che varia secondo il tipo di vino che si desidera ottenere: brut, extra-sec, sec, demi-doux'e doux. Si ritappa, si mette la gabbietta di filo di ferro e si lascia invecchiare per il tempo che si ritiene opportuno.
 L'abbinamento gastronomico dello Champagne dipende dalle diverse impostazioni di gusto. Il tipo « brut » non di annata, fresco e vivace, è considerato ideale per l'aperitivo ed accompagna egregiamente antipasti leggeri, frutti di mare e pesce. Il « brut » di annata è di norma  più robusto, pieno, ricco e si sposa decisamente con le carni rosse, la cacciagione, il pollame nobile. I tipi « sec » e « demi-sec » sono particolarmente (ed unicamente) adatti con il dessert. Il « rosèe » ed il « Cramant » (quest'ultimo prodotto unicamente con uve bianche) sono stati definiti dai Francesi « divertenti eccezioni » riservate a gourmets  in cerca di particolari gusti e finezze.
Come regola generale è consigliabile servire lo Champagne molto fresco ma non ghiacciato: la temperatura dovrebbe oscillare sui 9-11° C.

martedì 1 febbraio 2011

La sbronza in laboratorio

Osservando una persona ubriaca proprio non si direbbe, ma in realtà quando siamo alticci il nostro cervello lavora anche di più di quando siamo sobri.
Lo hanno scoperto all'università di Dartmouth, nel New Hampshire (Usa), dove alcuni ricercatori per la prima volta hanno sottoposto cervelli "ebbri" all'occhio elettronico dei sistemi di brain imaging (risonanza magnetica per immagini) per osservarne il funzionamento in tempo reale.
Coordinamento scoordinato. Durante l'esperimento gli scienziati hanno osservato che l'alcool è in grado di rallentare la comunicazione tra le aree frontali e parietali della corteccia cerebrale, responsabili della percezione visiva e dei movimenti. Questo significa che il primo effetto del fatidico "bicchiere di troppo" è l'incapacità di coordinare correttamente il nostro corpo per reagire prontamente agli stimoli esterni.
Brilli per la scienza.
Studiare il cervello sotto l'effetto dell'alcool non è stato poi così difficile per i ricercatori di Dartmouth che hanno semplicemente dovuto "convincere" alcuni ragazzi tra i 21 e i 25 anni a bere qualche bicchiere.
La risonanza magnetica ha permesso di osservare il comportamento di alcune aree cerebrali, quelle responsabili del coordinamento visuo-motorio, mentre i volontari portavano a termine compiti in cui vista e movimenti corporei erano fondamentali. In caso di ebbrezza, si è visto, il nostro cervello deve sobbarcarsi un complesso lavoro per compensare gli errori di percezione causati dall'alcool, correggendo i comandi impartiti alle aree della corteccia che coordinano i movimenti del corpo.
Tutta una questione di feedback. «Sapevamo già che l'alcool ha un effetto globale sul cervello - ha dicharato John D. Van Horn, il principale autore dello studio - questa ricerca ha però permesso di comprendere l'effetto degli alcolici sulle aree destinate al coordinamento motorio. Le difficoltà di movimento che sperimentiamo dopo un paio di drink sarebbero dovute proprio a un insufficiente feedback tra le parti del cervello destinate ad aggiornare le proiezioni mentali dei movimenti corporei».
fonte:focus.it

Cocktails molecolari, la chimica del barman

Anche in Italia è sbarcata la moda dei cocktail molecolari, nuova frontiera dei drink notturni. I locali dove vengono serviti si chiamano molecular bar e l’arte che li crea si chiama molecular mixology. In pratica sono bevande preparate giocando con la chimica: la struttura degli ingredienti viene modificata con l’aiuto di reazioni molecolari e gelificazioni provocate da fibre vegetali (come l’agar-agar), alghe marine o sostanze come il bicarbonato di sodio, l’azoto liquido o il ghiaccio secco, ottenendo così cocktail dal gusto sorprendente e dall’aspetto magico. Si lavora come in un laboratorio, al bancone o direttamente al tavolo del cliente, con sostanze naturali o comunque non deleterie per la salute.

Qualche esempio? Le capsule di dry ice (ghiaccio secco a -82°C) che provocano una reazione di ‘fumo’ quando versate nel drink. Oppure, le palline di gelatina contenenti liquore che risultano miscelando un liquore con un liquido passato in un bagno calcico. In altri casi il cocktail assume l’aspetto delle uova di caviale o di una zolletta di zucchero che a contatto con il liquido versatole sopra diventa liquore. Le cosiddette ‘riduzioni’, poi, sono liquori o cocktail che vengono fatti bollire finché si concentrano in una piccolissima quantità, una capsula. Il cocktail che ne risulta è molto meno alcolico di uno normale (solo 1 ml di alcol), ma possiede tutta l’esplosione del gusto di un cocktail reale.

Qualcuno di voi ha provato i cocktail molecolari? Quali sono le vostre impressioni?